30/10/2013
Incidente fatale per una donna e risarcimento dovuto al marito ed ai tredici figli. Interpretazione per “massimale di polizza”.
Una donna cade « in un grosso tombino sprofondato e non visibile per mancanza di illuminazione della strada» e purtroppo muore.
Nessun dubbio sulla responsabilità del Comune quale ente proprietario della strada per quanto accaduto e, quindi, per il risarcimento del danno stabilito «in 30 milioni di lire in favore di ciascuno degli eredi» della donna. A pagare è perciò l’ente pubblico, con richiesta di essere tenuto indenne dalla compagnia assicurativa. Ma con quale massimale?.
La Compagnia, in sostanza, contesta i conteggi fatti dai giudici in Tribunale e in Corte d’Appello, dichiarando che è stato trascurato un particolare importante: il «limite del massimale assicurativo (150 milioni di lire)» è riferito alla «persona lesa», ossia «la vittima dell’incidente» e non “per ogni vittima” come pronunciato.
Tale interpretazione dell’Assicuratore non è però condivisa nemmeno dai giudici della Cassazione, i quali concludono sottolineando che «per persona danneggiata deve intendersi non solo la vittima diretta dell’incidente ma anche i prossimi congiunti, così che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell’ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata» e quindi per ogni singolo erede, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (c.d. massimale catastrofale).